Lacerba

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Lacerba
Logo
Logo
StatoItalia (bandiera) Italia
Linguaitaliano
PeriodicitàQuindicinale
(nel 1915): Settimanale
GenereRivista letteraria
Formato36 cm
FondatoreGiovanni Papini e Ardengo Soffici
Fondazione1º gennaio 1913
Chiusura22 maggio 1915
SedeFirenze
EditoreVallecchi
DirettoreGiovanni Papini e Ardengo Soffici (dal 1915 solo Papini)
 

Lacerba è stata una rivista letteraria italiana fondata a Firenze il 1º gennaio 1913 da Giovanni Papini e Ardengo Soffici. Il periodico si avvalse della collaborazione di Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato ponendosi su posizioni simili a quelle del Leonardo e aderendo al Futurismo.

L'origine del nome è da ricercarsi nella storia fiorentina. In Via de' Cerretani, lungo il muro di un antico convento si può scorgere, in alto, una testa marmorea che si sporge a guardare sulla strada. Secondo una leggenda, sarebbe la testa di una persona che, vedendo Cecco d'Ascoli andare verso il patibolo, lo prese in giro. Il mago, adirato, gli scagliò contro la sua maledizione e la pietrificò. È la testa di “Non morirà mai”[1]. Il quindicinale, stampato in caratteri rosso mattone ed in seguito neri, riprendeva il titolo dal poema trecentesco di Cecco d'Ascoli - L'Acerba - inserendone nella testata un verso: «Qui non si canta al modo delle rane».

Nel primo numero la rivista dichiara il suo programma rivendicando la piena libertà e autonomia dell'arte, l'esaltazione anarchica del "genio" e del "superuomo" e un rilancio della letteratura frammentaria. Papini scrive articoli provocatori (come Freghiamoci della politica); Soffici scrive del cubismo e tiene la rubrica fissa Giornale di bordo; Palazzeschi è presente con numerose liriche (come Una casina di cristallo, Postille, Pizzicheria); Tavolato scrive articoli scandalistici (come Elogio della prostituzione, Bestemmia contro la democrazia).

La rivista, vista la sua natura e il suo programma anti-passatista, accoglie ben presto il contributo (che presto diventerà invadenza tematica) dei futuristi che, dal 15 marzo 1913, iniziano ad occupare posti di primo piano. Compaiono così frequentemente i nomi di Filippo Tommaso Marinetti, Luciano Folgore, Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Corrado Govoni.

Nel n. 18 (15 settembre 1913), un "manifesto-sintesi" del poeta francese Guillaume Apollinaire riassume "L'antitradizione futurista", applicando la tecnica delle parole in libertà, mentre Boccioni, Carrà, Severini e Balla confermano a Marinetti, con le loro opere, l'idea della simultaneità.

Nel n. 19 del 1º ottobre i futuristi pubblicano il manifesto del "Teatro di varietà"[2].

Nel n. 20 del 15 ottobre 1913, Lacerba pubblica il Programma politico futurista, seguito da una Postilla del neofita futurista Papini. Il manifesto politico si rivolge agli elettori futuristi in vista delle elezioni del 26 ottobre 1913, le prime a suffragio universale maschile, invitandoli a votare contro le liste clerico-liberali-moderate di Giovanni Giolitti e del cattolico Vincenzo Ottorino Gentiloni e contro il programma democratico-repubblicano-socialista.

Sempre come rivista d'arte e di pensiero che intende portare il pubblico a conoscenza delle forme più avanzate dell'arte moderna, Lacerba pubblica, nel n. 15 del 1º agosto 1914, il Manifesto dell'architettura futurista. Peraltro, il 15 febbraio precedente, Giovanni Papini aveva pubblicato sulla rivista il noto articolo "Il cerchio si chiude", polemico con il cosiddetto "marinettismo", considerato intriso di modernolatria e del culto per la macchina. Alla fine del 1914 avviene la rottura definitiva con il movimento futurista. Il legame era durato un anno (marzo 1913 - marzo 1914) per un totale di 24 numeri.

Quando scoppia la prima guerra mondiale e l'Italia dichiara la sua neutralità, Lacerba, dal n. 16 (15 agosto 1914), passa dal disimpegno politico precedentemente espresso ad un forte entusiasmo politico interventista e afferma che la rivista, da quel numero in poi, sarà solamente politica per riprendere l'«attività teoretica e artistica a cose finite». Appaiono così violenti articoli attivistici contro il governo "vile" e verso i "piagnoni" neutralisti e socialisti.

Nel 1915 Giovanni Papini assume la direzione unica della rivista (prima condivisa con Soffici, che peraltro continua a collaborare). Con il ritorno di Aldo Palazzeschi, a cui è affidata una rubrica fissa (Spazzatura), letteratura ed arte rientrano sulle pagine di Lacerba, accanto agli articoli politici. In febbraio un articolo firmato da Palazzeschi, Papini e Soffici (Futurismo e marinettismo) sancisce il divorzio tra i tre fiorentini (che si proclamano i soli autentici futuristi) e i futuristi milanesi, chiamati con dispregio "marinettisti"[3]. Con questo episodio si conclude la prima stagione del futurismo fiorentino.

La rivista cessa le pubblicazioni il 22 maggio 1915, due giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia: l'ultimo editoriale di Papini reca il titolo Abbiamo vinto!.

Edizioni di Lacerba

[modifica | modifica wikitesto]

Parallelamente alla rivista nacque la casa editrice. Pubblicò opere di:

  • Giovanni Papini (Discorso di Roma, Il mio Futurismo, Il crepuscolo dei filosofi);
  • I manifesti del Futurismo, lanciati da Marinetti, Boccioni, Carrà, Balla ed altri;
  • Ardengo Soffici, L'Arlecchino.

Manifesto politico futurista

[modifica | modifica wikitesto]

"Italia sovrana assoluta. - La parola ITALIA deve dominare sulla parola LIBERTÀ. Tutte le libertà, tranne quella di essere vigliacchi, pacifisti, anti-italiani.

Una più grande flotta e un più grande esercito; un popolo orgoglioso di essere italiano, per la guerra sola igiene del mondo e per la grandezza di un'Italia intensamente agricola, industriale e commerciale.

Difesa economica ed educazione patriottica del proletariato.

Politica estera cinica, astuta e aggressiva. - Espansionismo coloniale. - Liberismo. - Irredentismo. - Panitalianismo. - Primato dell'Italia.

Anticlericalismo e antisocialismo.

Culto del progresso e della velocità, dello sport, della forza fisica, del coraggio temerario, dell'eroismo e del pericolo, contro l'ossessione della cultura, l'insegnamento classico, il museo, la biblioteca e i ruderi. - Soppressione delle accademie e dei conservatori.

Molte scuole pratiche di commercio, industria e agricoltura. - Molti istituti di educazione fisica,- ginnastica quotidiana nelle scuole. - Predominio della ginnastica sul libro.

Un minimo di professori, pochissimi avvocati, moltissimi agricoltori, ingegneri, chimici, meccanici e produttori di affari.

Esautorazione dei morti, dei vecchi e degli opportunisti, in favore dei giovani audaci.

Contro la monumentonomia e l'ingerenza del Governo in materia d'arte.

Modernizzazione violenta delle città passatiste (Roma, Venezia, Firenze, ecc.)

Abolizione dell'industria del forestiero, umiliante ed aleatoria".

I principali autori della rivista

[modifica | modifica wikitesto]

[4]

  1. ^ Francesco Giubilei, Strapaese, Odoya, 2021, pag. 58.
  2. ^ Il teatro di varietà. Manifesto futurista, su arengario.it. URL consultato il 7 settembre 2019.
  3. ^ F. Giubilei, op.cit, p. 63.
  4. ^ Vedi Primo Novecento. La stagione culturale delle riviste d'autore. "Lacerba" 1913/1914/1915, riferimenti e link in Collegamenti esterni.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàVIAF (EN179477757 · LCCN (ENn87883923 · GND (DE4625090-6 · BNF (FRcb12567575h (data)